Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense

Patrimonio Mondiale dell’Umanità

Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense

Patrimonio Mondiale dell’Umanità

Museo Archeologico
Nazionale Tarquiniense

Palazzo Vitelleschi

Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
Piazza Cavour 1 – 01016 Tarquinia (VT)
Telefono: 0766 856036

Necropoli di Monterozzi
Strada provinciale Monterozzi Marina
Tarquinia (VT)
Telefono: 0766 856308

Gli orari dei siti, i costi degli ingressi e le modalità di accesso sono disponibili al seguente link https://pact.cultura.gov.it

Ulteriori informazioni si possono trovare sulla pagina ufficiale del Museo facebook.com/ParcoArcheologicoCerveteriTarquinia

Pianterreno

Il Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense è ospitato nel Palazzo Vitelleschi, risalente al XV secolo.
L’esposizione è collocata sui tre piani del palazzo.
Gli ambienti al piano terra accolgono, in sequenza cronologica, i materiali in pietra appartenenti alle collezioni del museo tra cui sarcofagi databili dalla metà del IV secolo a.C.. Da porre in evidenza la sala 1 che contiene i sarcofagi di maggior pregio, alcuni dei quali scolpiti in marmo greco, appartenuti ad alcune delle famiglie più in vista della Tarquinia della metà del IV secolo a.C.

Primo Piano

Sono esposte, ordinate cronologicamente, le ceramiche provenienti dagli scavi delle Necropoli. La visita inizia dall’ultima stanza del ballatoio dove sono raccolti i materiali più antichi, risalenti al periodo Villanoviano (secc. IX – VIII a.C.). Le sale successive sono disposte in ordine cronologico, quindi procedendo si possono ammirare i reperti databili al periodo Orientalizzante (fine secc. VIII – VII a.C.) provenienti dalla Fenicia e dall’Egitto; i vasi importati dalla Grecia, soprattutto da Corinto, dalla fine del sec. VII al sec. VI a.C.; la ceramica etrusco-corinzia che gli Etruschi produssero ad imitazione della greca ed il bucchero, la tipica ceramica etrusca, riproduzione economica del vasellame bronzeo. A seguire le ceramiche di importazione provenienti dall’Attica, eseguite con la tecnica a figure nere e a figure rosse, databili dal sec. VI a.C. In una vetrina del Salone delle Feste è raccolta una scelta di monete etrusche di bronzo, fuse e coniate e le monete d’oro risalenti al periodo tardo imperiale, ritrovate negli scavi della colonia romana di Gravisca, dedotta nel 181 a.C. Inoltre, in una vetrina, sono esposti alcuni gioielli in oro eseguiti con la tecnica della granulazione. Procedendo nelle sale successive si possono ammirare reperti di produzione locale, sia ceramici che metallici: specchi, balsamari, suppellettili. Nell’ultima sala sono raccolti gli ex voto, cioè doni offerti alla divinità per devozione, provenienti dal santuario dell’ “Ara della Regina”. La maggior parte di essi riproducono, in terracotta, parti del corpo umano oppure teste di individui per i quali si vuole chiedere la protezione della divinità.

Secondo Piano

Al secondo piano si trova un loggiato quadrangolare dal quale si può godere una magnifica vista sulla città e sulla campagna. In un gruppo di sale climatizzate sono conservate e ricostruite alcune tombe dipinte i cui affreschi sono stati distaccati: si tratta delle tombe del Triclinio, delle Bighe, delle Olimpiadi, della Nave. Nel salone delle Armi sono conservati i Cavalli Alati, altorilievo fittile databile al sec. IV a.C., che faceva parte della decorazione del tempio dell’ “Ara della Regina”. Completa l’esposizione una scelta di reperti rinvenuti nei grandi scavi di Tarquinia, gestiti dall’Università di Milano per quanto riguarda la città etrusca e dall’Università di Perugia per quanto riguarda il sito dell’ “emporion” (emporio, centro mercantile) di Gravisca.

Tecnica del Distacco

Nel decennio 1950 – 1960 la Fondazione Lerici opera a Tarquinia scoprendo o riscoprendo numerose tombe dipinte. Naturalmente non tutte le tombe erano in condizioni ottimali quindi in alcune fu necessario distaccare i dipinti per preservarli dalla distruzione.
La tecnica adottata fu quella dello “strappo” dell’affresco.

Tomba del Triclinio

tra il 470 ed il 440 a.C.
La tomba fu rinvenuta nel 1830 in località Calvario. G. Dennis la definì “la tomba della gioia e delle feste”. I dipinti furono distaccati nel 1949. La camera sepolcrale è rettangolare. Sulla parete di fondo è rappresentato, sopra uno zoccolo con motivo ad onde marine, un banchetto funebre ambientato all’aperto: tre coppie di commensali, da cui il nome della tomba, sono raffigurate distese su klinai, i letti conviviali. Una delle coppie è vista di scorcio. In primo piano, sotto le basse tavole per il vasellame, si trovano un gallo, un gatto, una pernice. Il banchetto è allietato da musici e danzatori di ambo i sessi e servito da coppieri ed inservienti, rappresentati sulle pareti laterali. Molti studiosi hanno attribuito le pitture alla mano di un artista greco o un etrusco formatosi in ambiente greco per la perfezione del disegno e la ricercatezza dei particolari che avvicina questi dipinti alla ceramica attica a figure rosse.

Tomba della Nave

metà V secolo a.C.
Scoperta nel 1958 in località Secondi Archi. Le pitture furono distaccate lo stesso anno del rinvenimento. La tomba è costituita da un’unica stanza rettangolare con soffitto a doppio spiovente. Sulla parete di fondo sono rappresentate quattro coppie di banchettanti sdraiati sulle klinai (letti conviviali), riccamente addobbate, serviti da coppieri nudi. Musici e danzatori allietano il convivio che si svolge all’aperto come fanno pensare gli alberelli. Sulla parete sinistra è raffigurata una nave da carico a vela con due alberi (che dà il nome alla tomba) ed una seconda nave più piccola ad un solo albero, circondate da piccole barchette in un paesaggio marino chiuso da alte rocce. Sulla destra della scena è raffigurato il proprietario del sepolcro che sta guardando le navi. La rappresentazione di una nave da carico e di un porto sono un unicum (esemplare unico) della pittura etrusca tarquiniese.

Tomba delle Olimpiadi

530-520 a.C.
Fu così denominata perché il Soprintendente R. Bartoccini ritenne che “tale denominazione le si addicesse più di ogni altra, per il sereno e felice spirito agonistico che aleggiava nelle scene dipinte sulle pareti”. Sulla parete di fondo è raffigurata, al centro, una finta porta. Sui timpani sono raffigurati simposi con coppie di uomini. Sulla parete laterale destra un grande fregio illustra i giochi funebri: la corsa, il salto in lungo, il lancio del disco, il pugilato, il gioco del “Phersu”. Sulla parete sinistra è rappresentata una corsa di bighe, l’ultima delle quali si è rovesciata e l’auriga è stato sbalzato in aria. La tomba presenta delle pitture molto raffinate ed eleganti e ciò induce a pensare che fu probabilmente dipinta da un artista greco-orientale.

Tomba delle Bighe

490-480 a.C.
Si tratta di una tomba particolarmente sontuosa, anche nelle rifiniture: lungo le pareti ci sono due fregi, uno piccolo su una specie di trabeazione a rilievo, ed uno grande. Nel fregio piccolo, a fondo bianco, sono rappresentati i ludi funebri ed è l’unico caso in cui sono rappresentate tutte le gare che erano in uso in Grecia ed il gioco tipicamente etrusco dei “Phersu”. Agli angoli sono raffigurati due palchi di legno, con un tendaggio come tettoia, dai quali assistono alle gare numerose persone, uomini e donne, raffigurati in vivaci conversazioni. Sotto il palco ci sono dei servi sdraiati che seguono le gare. Nel grande fregio, a fondo rosso, è rappresentata una scena di banchetto allietata da danzatori e musici, purtroppo molto danneggiata.

I Cavalli Alati

490-480 a.C.
Nel Salone delle Armi è collocato il capolavoro della coroplastica tarquiniese. Si tratta di un altorilievo costituito da una coppia di cavalli alati di profilo, scalpitanti, aggiogati ad una biga, della quale resta solo uno spezzone del timone, che doveva essere raffigurata su una seconda lastra posta alla destra di quella con i cavalli alati. Il gruppo, arricchito dai colori rosso, bruno, crema, era utilizzato come rivestimento del mutulo di sinistra del Tempio dell'”Ara della Regina”, il quale, a sua volta, sorse intorno al secolo IV a.C. in sostituzione di un tempio arcaico. L’edificio subì varie vicissitudini, durante l’Alto Medioevo fu probabilmente trasformato in Chiesa.

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Fotografie di: César Vásquez Altamirano, Tiziano Crescia, Roberto Romano, Sailko Creative Commons Attribution 3.0 Unported, Paolo Monti

Traduzioni di Ylenia Marcucci e Alessandro Rotatori